"Salute a te, o Nilo che sei uscito dalla terra, che sei venuto per far vivere l’Egitto... Quando la piena comincia ad alzare, il paese è in giubilo, tutti sono in gioia." Questo Inno al Nilo lo si cantava forse in attesa dell’inizio della piena, intorno al 19 luglio, quando la stella Sothis o Sirio appariva bassa sull’orizzonte orientale. Non era tanto della regolarità del fenomeno che si poteva dubitare, pur non conoscendone le cause, quanto della sua entità: se infatti le acque straripavano con violenza, rompevano gli argini e distruggevano i campi; se l’inondazione era scarsa, la siccità avrebbe ridotto la popolazione alla fame. Per questo vennero intraprese fin dalle epoche più antiche opere di canalizzazione indispensabili per la difesa e il controllo del territorio. Ogni anno, nella stagione dei monsoni (da giugno a settembre), piogge torrenziali cadono sugli altipiani abissini e empiono il Nilo Azzurro e l’Atbara, trascinando enormi quantità di terriccio. Fino a che le acque del fiume non vennero parzialmente imbrigliate nel 1971, la piena raggiungeva Assuan al principio di giugno e Menfi alla fine dello stesso mese; montava poi rapidamente e toccava il massimo a fine settembre, con una crescita di livello fino a 7 metri ad Assuan e 4 al Cairo; poi lentamente calava sino al minimo, che durava dall’aprile al giugno dell’anno successivo. Questo apporto di acque era, con rara eccezione, costante e tranquillo, tale da garantire alla Valle intera una sorta di irrigazione naturale e anche una specie di naturale concimazione dal momento che, deponendo sul terreno il limo fecondo, rinnovava il suolo coltivabile. Il regime del Nilo determinava per gli egizi anche le stagioni agricole.